Sembrava qualcosa di lontano.”Figurarsi se un virus dalla Cina può giungere qui, in Italia. Poi comunque ci saranno dei controlli e si vedrà che non è nulla di drammatico. Infondo negli anni ci sono state tante altre epidemie Sars e non è quasi successo nulla.” Quasi…non del tutto. “Poi di questi tempi, con la scienza e la medicina cosi all’avanguardia, lasciano che un virus faccia danni.” Lasciano…chi?. “Mica possiamo avere paura di un virus cinese e non vivere più, siamo liberi”. Liberi…da cosa?. Siamo a un anno di virus.

In quei giorni ci stavamo preparando per il Carnevale. Ricordo io stesso di aver acquistato dei coriandoli per la domenica successiva. Credevo di andare a fare festa, cosi tanto per vedere un carnevale dopo tanti anni che non ci andavo. Non c’era nemmeno un clima particolarmente freddo nonostante fosse febbraio, quindi tutti liberi in strada tra maschere e stelle filanti. Le chiacchiere, il dolce di carnevale, erano belle esposte nelle vetrine di pasticcerie e panifici delle solite vie affollate di gente che schizza fuori e dentro dalle porte dei tanti negozi. Il profumo delle frittelle dei banchetti da strada, lo “street food?”, riscaldava quanto bastava.

Non fosse che oggi sto scrivendo questo articolo, non mi ricordavo di aver scritto sul virus già alle prime avvisaglie. Era il 4 febbraio del 2020 quando pubblicai “Coronavirus, ma quante ne ho sentite”. A rileggerlo mi colpisce una frase che scrissi allora.

Difficile sapere come evolverà e quanti morti farà nel mondo.
Andrea Ariazzi, 04 febbraio 2020

Ogni commento a questa frase risulta superfluo. La sensazione di malinconia corre per la testa cosi come un brivido scuote contemporaneamente il resto del corpo. Il bilancio presenta un grosso deficit che necessita di essere ripianato. Le anime volate possono essere riacciuffate solo dalla memoria dei loro cari.

Del Coronavirus se ne parlava. Ma nessuno percepiva un pericolo forte ed immediato. La definirei una resistenza spiegabile ma irrazionale alle proprie abitudini, alle proprie esigenze e al proprio stile di vita. Questa resistenza faceva si che quelli fossero giorni per lo più ordinari o poco più. Forse tanto ordinari quanto noiosi non fosse che c’era di mezzo Carnevale e si parlava di questo Bugo che aveva litigato con Morgan al Festival di Sanremo. Poi ognuno come sempre aveva le sue gioie e i propri dolori. Io per rompere l’ordinario pensai di andare qualche ora in un centro termale, approfittando di alcuni giorni di ferie.

Si sapeva da alcuni giorni che a Roma, allo Spallanzani, erano stati ricoverati due cinesi affetti dal nuovo virus. “Cosa caspita vuol dire Sars Covid-19?”. Sarebbe presto diventato un vocabolo conosciuto del comune quotidiano. “Il virus è cinese, loro sono cinesi e sono stati là, per forza l’hanno preso”. Ci renderemo poi conto che non c’entrava essere cinesi e non occorreva andare fino in Cina. “Ma si non sarà nulla, se ne parla tanto perché non c’è null’altro da dire”. Forse se n’è parlato anche troppo, spesso oltre il dovuto e in alcuni casi senza ritegno e abbastanza sapere.

Ci andai alle terme. Belle come me le ricordavo. C’era qualcosa di diverso però. Poca gente. Pensai perché era un giorno settimanale non festivo, confermato dalle lunghe colonne d’auto incontrate sulla strada del ritorno. Se non ricordo male era un giovedì.

La domenica successiva dovevo andare a Carnevale. Non ci andai. Il Sindaco di quel comune aveva annullato la sfilata per il rischio di epidemia. Una misura di precauzione, una delle tante e ieri come oggi, ma a un anno di distanza c’è ancora qualche bullo che fa il sordo.
Il resto è la storia che tutti già sappiamo.

Marco Megnoni, come magistralmente sa fare, ha ricordato che è trascorso un anno di virus Sars Covid-19 in una toccante esibizione da Bergamo, città fortemente colpita dalla pandemia .

-Un “mi piace” rende libere le persone che scelgono-
Puoi conoscere gli aggiornamenti del sito su Facebook alla pagina andreaariazzi.it

Share This