Panico, paura, linguaggio estremo. Tre costanti di questo tempo che portano odio e morte.

I tragici eventi di qualche giorno fa ci hanno rimesso sotto gli occhi la vulnerabilità del tempo che viviamo. Le morti avvengono e sono avvenute; ne ricordo pochi di incidenti che hanno portato al ferimento e alla morte di tante persone minorenni, poco più che bambini. Una delle tante tragedie di massa di questi ultimi anni. A me hanno colpito due cose: l’età dei morti e feriti e le immagini di panico, la chiave di queste situazioni.

Un luogo piuttosto buio, chiuso ed affollato a più non posso. Uno spray urticante, dei tanti che servono a scopo di difesa. L’aria si satura, diventa insalubre e fastidiosa, comincia a creare disturbi alla salute dei presenti. Qualcuno ha bisogno di uscire, si fa fatica con la calca. Quel qualcuno diventano tanti. L’agitazione sale. È difficilissimo uscire, la paura della morte e l istinto di sopravvivenza prendono il sopravvento. La lucidità viene meno.

Questo è quanto visto dalle immagini. Il resto è cronaca, purtroppo. In un bar con cinque o sei persone se qualcuno spruzzasse uno spray fastidioso probabilmente non succederebbe nulla di grave, se non un pò di malumore da parte dei presenti costretti ad uscire. Siamo contemporanei di un tempo che ci vede allarmati, sulla difensiva.

Le tristi morti di numerosi attentati in luoghi affollati sono entrate nella nostra testa. Il disprezzo per chi compie questi atti nei nostri sentimenti. Basta poco mentalmente per associare una situazione a pensieri scioccanti immagazzinati. La paura della morte si pone cosi come l obbiettivo da sconfiggere. Comprensibilmente. La paura è un elemento dei nostri giorni. Paura di perdere, di essere derubati, aggrediti, di regredire, dei cambiamenti. Paura di sparire, di trovarci sudditi inermi. La paura accumula delle tensioni, delle ansie, più o meno curate ma che appena possono escono all’improvviso o diventano una componente che cerca uno sfiato.

Un linguaggio estremo, di odio e rivalità è un’altra costante del tempo presente. Un linguaggio spesso superficiale, senza fondamenti culturali profondi e orizzonti futuri poco possenti. Una crisi di questo tempo che rischia di aggravare situazioni che già di per se sarebbero drammatiche. E’facile pensare subito al peggio. Non è un epoca prospera e felice che evita tragedie. In tanti riconoscono un quadro di tensioni che creano maggiore suscettibilità con le conseguenti reazioni in alcuni momenti e contesti. Questo è poi il panico.

Chi ha il compito di farlo accerterà se c’erano tutte le misure di sicurezza necessarie nella discoteca di Corinaldo ed eventuali altre responsabilità. A tutti spetta il cordoglio per le vittime e l’augurio di pronta guarigione per i feriti.

Volendo anche una riflessione su un tempo di cui non siamo solo spettatori inermi ma anche protagonisti attivi. Io ho proposto qui la mia. Ho sentito disquisizioni morali sui testi di questi artisti di musica “trap”. Un linguaggio forte di gesta altrettanto forti, che rompe un velo di ipocrisia su vizi e abitudini presenti nella società. Non è il catechismo per la prima comunione.

Negli anni abbiamo sentito canzoni di tutti i tipi. Nessuno si è mai inventato una vita spericolata o di fare il vagabondo per seguire testi famosi. Piuttosto sono i testi ad essere il prodotto di un epoca sociale, culturale ed economica. Questa mi sembra sia una costante nel tempo. Forse rimpiangeremo il linguaggio del politicamente corretto. Nel frattempo risuonerà l eco delle parole post- tragedie: non si può morire così.

Share This