I tempi bui che stiamo vivendo non sono un brutto incubo. No, non lo sono. Un incubo è molto peggio! I cambiamenti di vita che siamo stati costretti ad attuare sono una tremenda scossa di terremoto per ognuno di noi. Sono convinto che ancora non tutti realizziamo a pieno quanto sta succedendo. E’stato uno scossone arrivato per decreto a farci capire che la situazione stava mutando, che la speranza e l’ottimismo non servivano più a nulla. Abbiamo capito di esserci dentro. Il rigoroso cambio di comportamenti ci ha sbattuti su una nave che ha preso il largo, tra la fretta ed il frastuono, seppur già da un mese il cielo italiano era ormai plumbeo. Ma tutti speravamo nel sole. A questo coronavirus, adesso ci serve trovare un senso.

C’è una fase cosiddetta “Up” dopo che la nave ha preso il largo. Che belli i disegni dei bambini! I colori dell’arcobaleno con quel concentrato di speranza scritto ai piedi dell’arco colorato: Andrà tutto bene!. La musica dai balconi e dalle finestre, di un trombettista dietro una grata, ha cominciato a circolare sopra il virus, inondando strade ormai deserte. No non basta. Ci rendiamo conto sia ancora un refolo di ottimismo, un aggrappo fragile di chi è sopra una nave ormai dentro una tempesta. Credo che l’hastag “#io resto a casa” faccia già parte della fase “down”. C’è ansia, paura e incertezza. Un cuscino di pietre ci preme sul petto ma la testa è li, ad ascoltare la tv che parla solo di coronavirus. Cerchiamo un refolo d’aria ma il numero di morti e le misure del Governo sempre più ferree tappano ogni molecola di ossigeno.
L’impatto emotivo lo stiamo cominciando a sentire. Se un rifiuto alle restrizioni che limitano la nostra libertà ci gira per la testa è normale. Sfogarlo in qualche modo è normale. Non esistono assassini. Esiste la ragione, darsi una motivazione razionale per spegnere il rifiuto. Non esiste colpevolizzarsi se adesso “non si può”. Esiste fare un video dove quel rifiuto lo si prende in giro. Siamo noi cosi ad avere il coltello dalla parte del manico. Non esistono sciocchi consigli per impiegare il tempo. Non sono dei banali palliativi a soccorrerci per un tempo cosi lungo. Esiste riorganizzare il proprio tempo, riappropriarsi del proprio tempo. Non è facile saperlo usare adesso che nessuno lo gestisce per noi, come spesso fa il lavoro, come spesso fanno i doveri inutili che ci creiamo. E allora quale libertà si cercava prima?
Fare un bilancio di vita sarà un passaggio obbligato in questo tempo di isolamento e solitudine, di silenzio. Spegniamo le tv, non connettiamoci al solito social. Stiamo un attimo zitti e fermi. Valutiamo ciò che realmente ci manca, ciò che realmente ci serve. E’ il mondo che ha messo uno stop, non noi. Siamo vivi e presenti. Non rimanere passivi ad assorbire notizie negative deve essere un imperativo come il rispetto delle misure di sicurezza richieste. Occorre dare un perché, una spiegazione alla scomoda presenza di questo virus. La risposta se la deve dare anche chi sta ancora lavorando. Non deve o dovrà sentirsi diverso. Se l’essenziale che ci serve c’è, è grazie a chi opera ogni giorno al proprio lavoro. Eroi è banale, retorico. Con la gratitudine ed il rispetto si può far giungere vicinanza a chi lavora. D’altronde chi è a casa non è in vacanza ai Caraibi.
Io ho trovato la mia risposta e la voglio condividere. Qualcosa si è acceso in me quando su un quotidiano ho letto che a Venezia l’acqua dei canali è tornata limpida e azzurra dopo il fermo alle attività umane. Qualche giorno successivo ho letto delle lepri a spasso liberamente in un parco di Milano, ormai senza persone. Poi i delfini a Cagliari e i caprioli nel modenese. Proprio ieri il mio occhio è caduto ancora su una notizia proveniente da Venezia. Nel Canal Grande sono ritornati i pesci.
Questa è la mia risposta al perché di questo virus. Non la giudico. La accetto consapevole che sia esile. Ma vi assicuro che mi dà un senso, spegne molti più perché di altre risposte che mi do normalmente.
Non sarà breve. Mettiamocelo in testa. Coronavirus, adesso ci serve trovare un senso.
Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo.
(Mahatma Gandhi)
-Un “mi piace” rende libere le persone che scelgono-
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